L’Italia medioevale: il mito/martire.
« Poiché il mondo stesso lo si può chiamare mito, in quanto corpi e cose vi appaiono, mentre le anime e gli spiriti vi si nascondono. »
(Saturnino Secondo Sallustio, Gli Dei e il Mondo)
Parliamo di due figure che un’italiana, dai tempi dei tempi ha fondato la nostra cultura prima pagana poi religiosa e aggiungerei politica.
Il mito e il martire.
Il mito è il discorso, la storia che si è narrata sull’esistenza di esseri antropomorfi, spesso immortali ed onnipotenti, che vissero avventure e compirono azioni fantastiche, interessandosi a ciò che avveniva tra i mortali e modificando il mondo con il loro intervento.
Creazioni, dunque, nate dal genio primitivo che possiamo intendere come la trasfigurazione poetica di avvenimenti reali del mondo della natura o di quello delle prime società umane.
Il martire
Nei primi tempi, l’appellativo di martire era usato per designare gli apostoli, ancora viventi, come testimoni delle opere e della risurrezione di Gesù. Poi il nome venne esteso a tutti quelli che con la propria condotta avessero dato dimostrazione di fede e infine fu riservato a coloro che fossero morti in seguito alle persecuzioni. Dalle piazze piene, dal massimo dei consensi, dai rapporti professionali leciti e non, al l’appoggio dei nemici i quanto utili al momento storico.
Personalità dal carisma unico, dal potere innato che si ritrovano a toccare le stelle sostenuti da persone, potenti, colleghi, cittadini e poi lasciati precipitare dopo che il vitello va sacrificato nel nome del cambiamento… Mentre tutto resta come è.
L’Italia che fa del martirio l’ultimo atto di un percorso di successi, di forza, virilità.
L’Italia che come prostituta si da nelle mani del miglior leader per lasciarsi governare, possedere m in silenzio. L’atto finale avviene quando l,uomo stanco di combattere le proprie lotte inizia a cedere e in quel caso non serve piû.
Si legga questa serie di tre personalità non dal punto di vista politico ma dal punto di vista comunicativo. Carisma simile, modi simili, fine altrettanto simile. Un racconto intrecciato al potere, alle donne, alle amanti, ad una forma di nazionalismo conservatore, sovversivi per il loro ruolo, molto spesso poco formali.
CRAXI il grande socialista dalla rivoluzione economica, l’europeista, l’uomo dal pugno duro contro l’America. Finale? Condannato fuggito e sottratto si alla magistratura che come un maremoto stava ripulendo il parlamento.
Ripulendo?
BERLUSCONI SILVIO il grande leader, amico stretto di Craxi imprenditore già da mezzo secolo, così stretto che mani pulite si fermò ai suoi piedi. Nessun processo, nessuna indagine ma in questo caos politico/ sociale BERLUSCONI/DI PIETRO diventano il nuovo racconto, uno mito, l’ altro fa accrescere nell’opinione pubblica il ruolo di martire Dell’ altro rendendo Berlusconi il martire santo.
Finale? Condannato per frode fiscale e forse anche per prostituzione minorile.
BENITO MUSSOLINI il nuovo amato dal re, dagli industriali, dai contadini, imitato dal collega tedesco, nazionalista, virile, deciso, solare, ironico che per 20 anni guida l,Italia. Le sue piazze piene di gente, le nonne oggi che ancora borbottano” se ci fosse stato lui” esatto, lui, lui non c’ė perché sfiduciato dal suo stesso consiglio, lasciato scappare in un paesino per ricreare la sua piccola repubblica per lasciarlo cadere nelle mani dei nemici/alleati.
Finale? Piazzale Loreto.
Tre vite diverse ma con una fine identica: CONDANNATI!